Novecento (monologo teatrale) di Alessandro Baricco.

Rieccomi.
Oggi il tempo è dalla mia parte e detto tra noi, ne sono felice, perché scrivere sul blog mi mancava tantissimo.
Mi mancava condividere con voi le mie letture, le mie impressioni su questi autori che hanno portato le loro parole in tutto il mondo.
Parole che non fanno come le mode.
Le mode finiscono, tornano e vengono poi dimenticato, ma le parole non sono mai vane.
Le parole, purtroppo o per fortuna, rimangono.
Sempre.

E quindi, ho ripreso a battere sulla tastiera del mio portatile, parole. Anche io, si.
Parole che non ho molto chiare nel raccontarvi ciò che ho provato nel leggere questo capolavoro a mio parere.
Un libriccino di circa cento pagine, ma che mi è rimasto dentro.
Come ogni lavoro di Baricco.
Non riesco a capire come mai venga così criticato, a me sembra che faccia un corretto uso delle parole e delle emozioni.
Poi oh, degustibus, per carità!

Dopo la trilogia massacrante (in tutti i sensi!) della Santacroce è di un monologo teatrale che adesso voglio parlarvi.
Dal momento che mi sto avvicinando al teatro, per forza di cose ultimamente ma anche con tanta curiosità e passione, mi sento quasi in dovere di citare il primo monologo teatrale che mi è capitato tra le mani.

Forse è a tutti ben noto che da questo monologo è stato tratto il film La leggenda del pianista sull’oceano di Giuseppe Tornatore.
Orgoglio tutto nazionale, insomma!

TRAMA

Il racconto tratta della vita insolita di Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento, uomo nato, cresciuto e morto sul piroscafo Virginian senza aver mai (e dico mai!) aver messo sulla terraferma.
Un uomo che trascorre la sua esistenza seguendo coi propri occhi le passioni degli ospiti del piroscafo con tratta Europa-America, divisi in classi sociali alla Titanic style, attraverso le note e la musica prodotta dal suo pianoforte.
Il più grande pianista che avesse mai suonato sull’oceano.
Le note, la musica, la passione per quei tasti bianchi e neri, assieme al mare sono i suoi compagni di viaggio, di vita, di sogno.
La sua vità sarà sempre sul mare, perché è da lui e dalla sua arte che non riesce mai a staccarsi: amare e crearsi una vita che non sia sull’oceano sono i suoi terrori più grandi.
Esibizioni uniche e magistrali sono quelle di Novecento, che intrattiene ospiti e amici.
Meraviglioso il duello con Jelly Roll Morton, che vede la vittoria di Novecento.

Questo racconto è la prova tangibile di come emozione, bellezza e paura possa essere sintetizzata in pochissime pagine.
Fosse stato più lungo, il racconto avrebbe lasciato più spazio alla descrizione, ma non all’intensità dell’emozione.
Non sarebbe stato lo stesso.
Il monologo viene narrato da colui che a bordo del piroscafo diventa il più caro e intimo amico di Novecento, colui che pensa che non c’è stato e non ci sarà mai miglior pianista sull’oceano.
L’ho trovato di una squisitezza unica.
Anche il finale, che trovo di una commozione disarmante.
L’attaccamento morboso verso ciò che si conosce, verso ciò che è sicuro, verso l’amicizia, anche se con un oggetto.
L’essere affezionato al suo mare, ai suoi tasti bianchi e neri e a quell’imbarcazione che per Novecento altro non era che casa.
Commovente, meraviglioso e semplice.
Semplice nell’arrivare dritto al cuore.

Il mio desiderio è quello di vederlo prima o poi dal vivo recitato in teatro.
Deve essere molto suggestivo.

E per ultimo, non in importanza, La leggenda del pianista sull’oceano è uno dei film più belli che siano mai stati fatti, secondo me.
Consigliata la lettura del monologo e la visione del film, si!

E voi, avete letto questo capolavoro?

Aspetto i vostri commenti, come sempre.

SP*

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